MUSEO DIOCESANO DI CARPI (MO)

Allestimento del Museo Diocesano nella Chiesa di S.Ignazio di Loyola

Categoria

Allestimenti

Committente

Diocesi di Carpi

Luogo

Carpi (MO)

Tempi

2011

Confrontarsi con un contenitore così connotato architettonicamente come la chiesa di S. Ignazio di Loyola ha fortemente condizionato le scelte progettuali sia di natura architettonica/morfologica che materica. 

Senza dubbio le strutture espositive dovevano essere elementi “leggeri” tali da non prevalere sulla architettura del luogo, rischiando così di porsi in conflitto con essa. La progettazione museale si inserisce nel vano ecclesiale con sobrietà ed efficienza, diventando corollario di quanto la chiesa possiede ed espone del suo antico arredo cultuale, in una sorta di lettura di completamento e di arricchimento che non viene a snaturare il suo carattere architettonico e decorativo, senza supporti invasivi e pregiudicanti l’apporto artistico che il tempo ha trasmesso. Più facile è stato rapportarsi con l’allestimento delle ex-sagrestie, poste lateralmente all’area presbiteriale, poiché si presentavano, purtroppo, pesantemente trasformate da interventi incongrui realizzati fra il 1960 e 1970. Si è pertanto proceduto in modo differenziato per il vano ecclesiale rispetto alle due ex-sagrestie, mantenendo comunque un principio di base: quello di creare nuove superfici, nuove pareti, sulle quali appendere tele ed oggetti nella logica della reversibilità e sostituzione delle opere esposte. 

Le strutture espositive sono state realizzate in profili metallici e tubolari, assemblati e verniciati di colore chiaro in modo da conferire loro maggiore “trasparenza” rispetto agli apparati decorativi e alle cromie dominanti all’interno della chiesa: le teche sono caratterizzate da una base metallica con piedi regolabili per il livellamento, al di sopra della quale è posta una “scatola” in vetro extra chiaro, dotata di un lato estraibile montato su un piano mobile dove è alloggiata una guida senza fine, tale da permettere una movimentazione meccanica con motorizzazione. Il sistema di illuminazione interno è a led, posizionati all’interno di cilindri in metacrilato trasparente, fissati ad una base lignea colorata, che fungono anche da sostegno ai ripiani porta oggetti. Tale base, costituente il fondo della teca espositiva, è l’unico elemento cromaticamente emergente rispetto al resto della struttura: tale scelta cromatica è stata motivata dalla volontà di creare, attraverso il colore, un “pattern visivo” nettamente contrastante con gli elementi esposti in modo da ottenerne una corretta lettura.

Le pannellature espositive, con particolare riferimento a quelle realizzate all’interno delle due ex-sagrestie, sono sia di tipo fisso che scorrevole laddove l’accessibilità alle finestrature esistenti deve essere sempre garantita. Il telaio di supporto dei pannelli è fissato a terra e, analogamente alle vetrine, è caratterizzato da una struttura portante in ferro tubolare a sostegno di pannelli in MDF (Medium Density Fibreboard) foderati con carta in fibra di vetro poi trattata con finitura ad intonachino.

Confrontarsi con un contenitore così connotato architettonicamente come la chiesa di S. Ignazio di Loyola ha fortemente condizionato le scelte progettuali sia di natura architettonica/morfologica che materica. 

 

Senza dubbio le strutture espositive dovevano essere elementi “leggeri” tali da non prevalere sulla architettura del luogo, rischiando così di porsi in conflitto con essa. La progettazione museale si inserisce nel vano ecclesiale con sobrietà ed efficienza, diventando corollario di quanto la chiesa possiede ed espone del suo antico arredo cultuale, in una sorta di lettura di completamento e di arricchimento che non viene a snaturare il suo carattere architettonico e decorativo, senza supporti invasivi e pregiudicanti l’apporto artistico che il tempo ha trasmesso. Più facile è stato rapportarsi con l’allestimento delle ex-sagrestie, poste lateralmente all’area presbiteriale, poiché si presentavano, purtroppo, pesantemente trasformate da interventi incongrui realizzati fra il 1960 e 1970. Si è pertanto proceduto in modo differenziato per il vano ecclesiale rispetto alle due ex-sagrestie, mantenendo comunque un principio di base: quello di creare nuove superfici, nuove pareti, sulle quali appendere tele ed oggetti nella logica della reversibilità e sostituzione delle opere esposte. 

 

Le strutture espositive sono state realizzate in profili metallici e tubolari, assemblati e verniciati di colore chiaro in modo da conferire loro maggiore “trasparenza” rispetto agli apparati decorativi e alle cromie dominanti all’interno della chiesa: le teche sono caratterizzate da una base metallica con piedi regolabili per il livellamento, al di sopra della quale è posta una “scatola” in vetro extra chiaro, dotata di un lato estraibile montato su un piano mobile dove è alloggiata una guida senza fine, tale da permettere una movimentazione meccanica con motorizzazione. Il sistema di illuminazione interno è a led, posizionati all’interno di cilindri in metacrilato trasparente, fissati ad una base lignea colorata, che fungono anche da sostegno ai ripiani porta oggetti. Tale base, costituente il fondo della teca espositiva, è l’unico elemento cromaticamente emergente rispetto al resto della struttura: tale scelta cromatica è stata motivata dalla volontà di creare, attraverso il colore, un “pattern visivo” nettamente contrastante con gli elementi esposti in modo da ottenerne una corretta lettura.

 

Le pannellature espositive, con particolare riferimento a quelle realizzate all’interno delle due ex-sagrestie, sono sia di tipo fisso che scorrevole laddove l’accessibilità alle finestrature esistenti deve essere sempre garantita. Il telaio di supporto dei pannelli è fissato a terra e, analogamente alle vetrine, è caratterizzato da una struttura portante in ferro tubolare a sostegno di pannelli in MDF (Medium Density Fibreboard) foderati con carta in fibra di vetro poi trattata con finitura ad intonachino.